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DEVITALIZZAZIONE, OTTURAZIONE E INTARSIO, CHE DIFFERENZA C’E’?

Procedure come devitalizzazione, otturazione e intarsio fanno parte di quella branca dell’odontoiatria detta conservativa, cioè finalizzata a salvare i denti naturali evitando interventi più invasivi.

Devitalizzazione, otturazione e intarsio, in cosa consistono

Nell’odontoiatria moderna ci si orienta principalmente a mantenere la funzionalità e l’estetica degli elementi dentari originali, sfruttando trattamenti di routine devitalizzazioni, otturazioni e intarsi. I tre metodi di cura a volte possono essere confusi, principalmente perché vengono impiegati sostanzialmente nello stesso contesto, con differenze però abbastanza marcate dal punto di vista clinico. Prima di focalizzare l’attenzione su ciò che distingue i tre sistemi, è bene fare una panoramica sulle singole tecniche.

Con la devitalizzazione si rimuove o distrugge la polpa di un dente che è stato danneggiato gravemente da infezioni pulpari, da traumi o da processi cariosi molto estesi. Si opera in anestesia locale, eliminando il tessuto infetto e sigillando il canale con appositi materiali biocompatibili. Anche per questo motivo la procedura viene chiamata anche cura canalare.

L’otturazione viene adottata quando il processo carioso è superficiale o moderatamente esteso, con l’intento di restaurare il dente colpito e riportarlo alle condizioni ottimali. Dopo aver tolto la sezione dentale compromessa, il solco creatosi viene riempito con specifiche resine o amalgame.

Nel caso dell’intarsio, la cavità che si è creata in seguito ad una carie, appare troppo estesa per essere riempita da una semplice otturazione. Viene così realizzato un “tassello” da innestare sulla superficie del dente opportunamente trattata. L’intarsio viene anche chiamato restauro indiretto, poiché il componente sostitutivo deve essere approntato in laboratorio odontotecnico, a differenza dell’otturazione che viene effettuata direttamente presso il dentista. Di norma questa tecnica viene scelta per i denti che si trovano posteriormente nella bocca, come molari e premolari, perché questi ultimi devono sopportare un carico masticatorio maggiore.

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Intarsio, devitalizzazione e otturazione, quale scegliere?

Chiarite le caratteristiche identificative di ciascuna delle tre procedure di odontoiatria conservativa, ora bisogna chiedersi quali sono le loro differenze, e perché se ne sceglie una anziché un’altra. Una volta letto l’identikit di otturazione, intarsio e devitalizzazione appare evidente che si tratta di interventi praticamente “progressivi”, nel senso che vengono effettuati in base alla condizione del dente interessato e alla gravità della situazione. L’otturazione è preferibile quando il segmento danneggiato è più esterno, facilmente curabile dopo aver risolto e interrotto il processo carioso. L’intarsio è la soluzione alternativa all’otturazione, quando quest’ultima non è abbastanza per coprire una porzione di materiale dentario o tessuto.

La devitalizzazione infine, è l’ultimo stadio prima di trattamenti drastici come l’estrazione e le soluzioni protesiche. In questo caso il tessuto vivo del dente è ormai irrecuperabile, tuttavia è ancora possibile salvare le strutture dure per mantenere la funzionalità estetica e masticatoria. È il dentista ha decidere quale delle tre tecniche utilizzare, analizzando caso per caso e decidendo quale sia la strada più efficace. Nella maggior parte dei casi le procedure restaurative vengono sfruttate per tutti gli elementi dentari tranne i denti del giudizio. Trattandosi infatti di componenti non necessari dal punto di vista meccanico e dell’armonia del sorriso, sarebbe inutile e oltremodo disagevole sottoporre il paziente ad interventi volti a salvare denti di cui può fare tranquillamente a meno.

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Otturazione e intarsio nell'odontoiatria moderna 

Nella pratica dentistica di oggi, tranne nei casi di carie dalle dimensioni molto piccole, molti professionisti hanno abbandonato quasi del tutto la tecnica dell’otturazione preferendo ad essa quella dell’intarsio. Le ragioni sono molteplici:

  • Maggiore resistenza. I blocchetti di ceramica che vengono lavorati per essere innestati negli intarsi, sono più duri e performanti delle resine composite usate nelle otturazioni.
  • Maggiore ergonomia. Gli intarsi vengono progettati nei laboratori odontotecnici tramite macchine fresatrici a controllo numerico. Il risultato è un manufatto di altissima precisione anatomica, che richiama cioè la forma del dente naturale. Quando il tassello di ceramica viene innestato sull’elemento dentario lavorato, la superfice masticatoria viene riportata praticamente alle condizioni originarie, ristabilendo le condizioni ottimali nelle due arcate.
  • Maggiore durata. La ceramica dell’intarsio è un materiale che non si altera al contatto costante con cibo, saliva, acidi degli alimenti e della bocca. Ciò significa che l’intarsio non solo è più solido ma ha anche una maggiore resa nel tempo. A prescindere dal costo forse leggermente più elevato dell’otturazione, l’intarsio può rivelarsi di gran lunga più efficiente.
  • Maggiore resa estetica. Altro vantaggio della ceramica, rispetto ai compositi delle resine, è l’alto grado di mimetismo tra gli elementi dentari naturali. L’intarsio si integra in maniera ottimale con il colore degli altri denti, per una migliore biocompatibilità.
  • Maggiore igiene orale. Le otturazioni, essendo meno simmetriche degli intarsi, possono accumulare residui di cibo perché non hanno punti di contatto perfettamente coincidenti e aderenti. Con gli intarsi questo inconveniente si riduce al minimo, redendo più facile e agevole la pulizia quotidiana.

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L’igiene orale dopo i trattamenti restaurativi

Quando un paziente viene sottoposto ad una delle tre procedure di odontoiatria conservativa la cosa importante è cercare di non ripetere l’esperienza curando maggiormente la propria salute dentale. Di solito il dentista dopo un’otturazione, una devitalizzazione o un intarsio, fornisce indicazioni sul mantenimento ottimale del benessere di bocca e denti, tramite semplici misure di igiene orale domiciliare. Azioni quotidiane come lavarsi i denti, utilizzare il fillo interdentale e adottare abitudini alimentari corrette, devono essere poi accompagnate a visite periodiche di controllo e alla pulizia dei denti almeno un volta ogni sei mesi. I trattamenti restaurativi hanno proprio lo scopo di scongiurare problemi più gravi e di reindirizzare il soggetto coinvolto verso uno stile di vita più sano.

La sigillatura dei denti

Il termine può trarre in inganno e far pensare che si tratti di un’otturazione o di un intarsio, perché dopo tutto cosa sono le due tecniche appena citate se non una sorta di “sigillatura”? Eppure nello specifico non si parla di odontoiatria conservativa ma di una procedura preliminare che viene effettuata per ridurre il rischio dello sviluppo di potenziali carie. Può essere effettuata in qualunque momento, a partire da quando l’individuo ha terminato il processo di sostituzione dei denti da latte con quelli permanenti. Viene consigliata in alcuni casi per rendere più efficace l’igiene orale quotidiana, specialmente per quei denti che si trovano in una posizione arretrata difficile da raggiungere con il normale spazzolino. Non c’è bisogno di anestesia, basta l’applicazione di una speciale resina che sigilla appunto i solchi e le curve dove più facilmente si accumula la placca, si forma il tartaro e possono annidarsi i batteri. Di seguito le fasi della sigillatura dei denti:

  • Si seleziona e isola il dente da sigillare con apposita diga di gomma
  • Si applica una particolar sostanza acida sul dente per renderlo maggiormente poroso e facilitare l’adesione della resina
  • Si lava accuratamente il dente e si applica la sostanza sigillante
  • Si polimerizza la resina irradiandola con lampade alogene fino alla perfetta aderenza ai solchi dentali
  • Si verifica la sigillatura, e in caso di incongruenze si provvede con sovra-riempimento

 

 

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