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ANESTESIA DAL DENTISTA, DOMANDE E RISPOSTE

L’anestesia dal dentista ha particolare importanza in quanto nella maggior parte dei casi il timore di sottoporsi ad un intervento odontoiatrico, anche necessario, è determinato dal non voler provare dolore.

Anestesia e sedazione

Tranne nei casi gravi di vera e propria odontofobia, la paura della visita odontoiatrica o di trattamenti correlati, sono quindi dettate dalla sgradevole prospettiva di sentire male. È qui che entra in gioco l’anestesia dal dentista, un metodo per eliminare ogni disagio e risolvere il problema in maniera totalmente indolore. Le forme di analgesia variano a seconda delle esigenze, dalle iniezioni locali alle anestesia totali, passando per le forme di sedazione poco invasiva, indicate per soggetti ansiosi, pazienti non collaborativi o portatori di handicap.

Al terzo posto dopo la paura del dentista e la paura del dolore, vi è la paura degli effetti collaterali dell’anestesia. In pratica anche quando è garantito uno svolgimento dell’intervento sereno e senza traumi, molti pazienti temono che le sostanze analgesiche possano essere nocive se non addirittura pericolose. Si tratta di ansie per lo più immotivate, in quanto soltanto una piccolissima percentuale di soggetti manifesta problematiche durante o dopo l’assunzione dei farmaci. Il rapporto tra la pericolosità del trattamento e la sua utilità è molto simile a quello delle risonanze magnetiche o delle radiografie prescritte in ortopedia o medicina interna.

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L’anestesia dal dentista fa male?

Arrivando ai danni potenziali per la salute, occorre precisare che in assenza di particolari condizioni patologiche del paziente di norma la somministrazione dell’anestesia non porta ad alcuna conseguenza. Soltanto nell’1% dei casi si possono verificare reazioni allergiche ai farmaci, circostanze estremamente rare in quanto un professionista è tenuto sempre a verificare l’eventuale predisposizione del soggetto. In sede di colloquio preliminare lo specialista deve anche accertarsi quali farmaci stia assumendo il paziente, per evitare interazioni tra essi e le sostanze analgesiche.
Qualora il soggetto prenda abitualmente medicinali incompatibili con gli anestetici che verranno impiegati, se ne richiederà la temporanea sospensione. La cosa non deve stupire in quanto si tratta di una procedura assolutamente normale. Lo stesso discorso vale ad esempio per i farmaci anticoagulanti la cui assunzione di solito va interrotta proco prima di un’operazione per evitare eccessivo sanguinamento. Tenendo presente quindi che si tratta di una casistica molto bassa, ecco di seguito i principali e possibili effetti collaterali:

  • Ematoma
  • Edema
  • Lesione da afta, stomatite o erpes
  • Bruciore e/o dolore
  • Durata eccessiva dell’anestetico
  • Paralisi dei nervi facciali
  • Trisma mandibolare
  • Reazioni allergiche. Orticaria, shock anafilattico, eritema cutaneo, crisi respiratoria e/o ipotensiva
  • Reazioni tossiche. Tachicardia, cefalea o emicrania, ansia, pallore, tremore, crisi respiratoria

L’anestesia dal dentista quanto dura?

La durata dell’anestesia dipende da molteplici fattori, prima di tutto dalla strategia analgesica scelta, dalla dose somministrata e infine dal modo con cui l’organismo metabolizza le sostanze impiegate. I primi due fattori sono determinati dalla scelta dell’odontoiatra che in base al tipo di intervento e all’esigenza decide l’opzione migliore. La rapidità di smaltimento dell’anestetico è invece puramente soggettiva, si può tuttavia dare un’indicazione di massima affermando che la sensibilità di norma ritorna entro un paio d’ore. Inizialmente il paziente avverte un graduale diminuire dell’intorpidimento, accompagnato da una sintomatologia dolorosa che varia a seconda dell’invasività del trattamento.

C’è da sottolineare poi che la soglia del dolore è diversa da soggetto a soggetto, quindi alcuni individui più sensibili potrebbero cominciare a sentire male più velocemente di altri. Per ridurre al minimo il disagio postoperatorio di solito il dentista prescrive l’assunzione di analgesici al bisogno, a partire da alcune ore dall’intervento. I farmaci antidolorifici devono essere utilizzati con parsimonia e moderazione. La loro funzione è infatti quella di aiutare a sopportare eventuali indolenzimenti quando davvero occorre, ad esempio durante la notte per consentire al paziente di riposare normalmente.

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Metodi anestetici più utilizzati

La maggior parte delle persone conosce due tipi di anestesia, quella locate e quella totale. Questa è la classificazione più sommaria, ma le due macro-categorie a loro volta prevedono alcune varianti, oltre a metodi di sedazione per ridurre la tensione del paziente. Ecco di seguito i metodi più utilizzati:

  • Anestesia generale. Somministrata per via endovenosa o per inalazione. Viene adottata in caso di operazioni complesse come la chirurgia maxillofacciale. Tra i farmaci più utilizzati vi sono: fentanil, sevoflurano, ketamina e propofol.
  • Anestesia locale tronculare. Quelle desensibilizzate sono le zone nervose, si utilizza quando le aree corrispondenti sono più estese, e sempre tramite iniezione.
  • Sedazione cosciente o semi-cosciente. La sostanza analgesica, di solito protossido di azoto, viene fatta inalare. In base al dosaggio si può scegliere l’effetto anestetico o semplicemente calmante-ansiolitico.
  • Anestesia locale con infiltrazione. La sostanza analgesica viene iniettata nei tessuti, in corrispondenza del dente o della zona d’intervento. Gli anestetici locali più utilizzati sono Bupivacaina, Dibucaina, Lidocaina, derivati di Novocaina e Procaina.
  • Anestesia locale superficiale. Vengono usati gel o spray analgesici, applicati sulla zona da trattare. È detta anche “topica”, svanisce rapidamente e viene usata nelle operazioni di entità lieve.
  • Anestesia intraligamentosa. Impiegata limitare il sanguinamento. In questo caso l’analgesico viene iniettato nel legamento paradontale, vicino all’osso alveolare.
  • Anestesia locale intrapulpare. Come suggerisce il termine questo tipo di anestesia interessa la polpa dentaria e viene effettuata tramite iniezione.

La sedazione cosciente

Un discorso a parte merita la tecnica della sedazione cosciente. Questo metodo ha più che altro l’obiettivo di calmare i pazienti particolarmente nervosi o poco collaborativi come ad esempio i bambini. Viene praticata per inalazione di protossido di azoto, con effetto ansiolitico ed euforizzante, in modo che il soggetto sia sveglio e presente alle istruzioni dell’odontoiatra. Nella circostanza specifica non viene quindi iniettata alcun farmaco, nemmeno localmente, così che le sostanze inalate non vengono metabolizzate dai tessuti. L’organismo le smaltisce con molta facilità, e l’effetto di intorpidimento passa altrettanto rapidamente. Al termine della seduta il paziente è infatti in grado di guidare e di svolgere qualunque tipo di attività normalmente. La sedazione cosciente è molto utile per chi non sopporta le iniezioni o per chi teme in ogni caso possibili conseguenze ed effetti collaterali dovuti all’assunzione di farmaci, sia per via endovenosa che locale. Questa strategia analgesica è inoltre indicata per i pazienti con problemi di cuore, per evitare che siano sottoposti ad eccessivo stress durante la seduta d’intervento. 

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Anestesia dal dentista, zone anatomiche d’interesse

Nel caso dell’anestesia praticata con iniezione, si possono distinguere alcune aree principali di somministrazione, corrispondenti ai rami del nervo Trigemino:

  • Area mascellare. Il farmaco agisce principalmente a livello del legamento paradontale e vicino al nervo. In base al segmento del nervo anestetizzato è indicata per determinati elementi dentari piuttosto che per altri.
  • Area mandibolare. Va iniettata nei diversi nervi: alveolare, naso-palatino, rande-palatino, infraorbitario, mentale, alveolare postero-superiore, inferiore e medio superiore. Anche in questo caso a seconda del segmento nervoso anestetizzato si può andare ad intervenire su elementi dentari differenti.
    Infine vi è la tecnica di Akinosi, che viene eseguita a bocca chiusa, utile nei pazienti pediatrici, in quelli con infezioni o fratture mandibolari.

 

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